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Arcipelago del Rosario e del San Bernardo.
Partendo da Cartagena, in Colombia, facciamo scalo su due arcipelaghi prima di arrivare alle San Blas, a Panama.
Sull’isola Bajù, Encienago de Cholon, approdiamo in una spiaggia molto piacevole in quanto ombreggiata, ai bordi della laguna, disturbati unicamente dai colombiani che sradicano il fine cordone della duna che rappresenta l’unica protezione all’ecosistema che li fa vivere.
A Rosario, arriviamo probabilmente un po’ tardi. Le case lussuose costruite sugl’isolotti privati cadono in rovina, l’aquario a cavallo sulla barriera corallina è in uno stato pietoso.
A San Bernardo invece, siamo accolti da un tonnetto e percorriamo la magnifica costa a sud di Tintipan. Ci mettiamo alla boa per non rovinare il giardino di coralli , ci immergiamo e visitiamo il luogo. I villeggianti si sono raggruppati in un isolotto artificiale lontano dalla grande isola perforata da canali che abbiamo il piacere di visitare con il gommone, ma che è popolata da zanzare portatrici di malattie.
Come su una grande zattera, a 30 centimetri sull’acqua, gli abitanti dell’isolotto vivono al ritmo delle maree che innondano regolarmente le stradine strette. 800 persone su un’isola minuscola, battono il record mondiale di densità della popolazione, sembrerebbe. L’acqua viene trasportata dal continente, l’élettricità è rumorosamente prodotto da un impressionante gruppo elettrogeno Kuniz, 5 ore al giorno. I rifiuti sono ritirati ogni tanto ed a costi elevati e trasportati verso il continente. E a mezzogiorno oggi c’è della tartaruga!
Qualche famiglia si è installata un po’ più lontano, su di una parte della barriera innalzata di qualche strato, in magnifiche abitazioni a due piani : una piattaforma di vita ombreggiata in basso, al piano vista sulla laguna .
All’alba, zigzaghiamo attraverso le patate di corallo per fare rotta verso il paese dei Kunas ; unica etnia del mare dei Caraibi ad essere riuscita a preservare la sua identità e la sua indipendenza, tutto un programma !
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Giorno del compleanno : La Marina Colombiana ha fatto le cose in grande!
Oups, abbiamo giusto dimenticato i nostri compleanni e quindi restiamo in Colombia ancora per qualche giorno. Le carte sono già fatte, officialmente abbiamo lasciato i territorio dall’8. Ma non possiamo andarcene cosi’, in pieno carnevale… e neanche pagare il Cruising Permit, troppo caro per il nostro portafoglio. Siamo dunque nella clandestinità : illegali in Colombia, ma probabilmente non siamo i soli.
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Il 9 per Silvia abbiamo fatto semplice, ma il 10 per Eliott, la Marina da Guerra ha fatto le cose in grande. Le regine di bellezza della finale del concorso nazionale sono imbarcate sulle scialuppe della nave scuola GLORIA, l’equivalente della nostra AMERIGO VESPUCCI ! La scenografia è dunque pronta : le Miss , i marinai in costume di parata sui loro canotti di salvataggio, tutti vestiti di bianco, un cordone di sicurezza flottante e tutte le vedette della Marina, per assicurare lo spettacolo, e naturalmente l’elicottero per fare delle belle riprese dall’alto.
Dalla città vecchia verso l’uscita della baia, le belle signorine tutte in bikini rosa si ondulano sulla prua dei canotti, lungo le tre miglia del percorso. I marinai remano assiduamente poichè i 10 nodi al traverso sono difficili da affrontare sulle loro grandi baleniere con grande presa al vento. I timonieri seguono piamente il lungo corridoio gelosamente custodito dai loro colleghi kakis, sui grossi semi-rigidi mega-spinti da 3 motori di 350 cavalli ciascuno, tra i grattacieli ed il famoso cordone a 100 metri dalla riva.
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Al di là della zona di sicurezza, è la follia : dal giovane pescatore in canoa fino al ricco proprietario di un Ferreti 70, passando alla improbabile famiglia franco-italiana sul suo mini-dinghy di 9 piedi (noi), tutti quanti puntano la propria prua e mettiamo la pressione sulla famosa ligna di nylon che normalmente dovrebbe proteggere le bellezze che si agitano dall’altra parte.
Lo spettacolo maggiore è chiaramente tra la folla : le donne latine in bikini ridotto, sugli yachts, rubano il trono alle Reginette, i machos spruzzano a 360° le bombole di schiuma, le pistole ad acqua o i secchi di farina. I motoryachts sono ricoperti di poster immensi che vantano i pregi della loro eletta che sfila.
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Ma senza farlo apposta, la Marina richiama il centro dell’attenzione in maniera del tutto inattesa.
La marea è troppo bassa ed in mezzo al percorso le baleniere fin’ora regolarmente distanziate si incagliano pietosamente su un banco di sabbia. Una, due, poi tre… Alla fine, tutta la flotta si ritrova ammucchiata a 10 metri dalla riva. Le pale dei timoni saltano, i marinai posano i lunghi remi e tentano di liberare il loro simboli di potenza nazionale dalla cattiva sorte nella quale si sono impantanati. I timonieri saltano in acqua, manipolano le pesanti pale scardinate. In sostanza, la Marina naviga in cattive acque, sotto gli occhi di una decina di migliaia di spettatori e probabilmente di qualche milione di TELE-spettatori.
Allora entrano in gioco le truppe d’assalto, sui gommoni super motorizzati. Corrono alla riscossa sul banco di sabbia e si arenano anche loro. Le mitragliette, fin’ora portate fieramente sono presto depositate ed entrano in gioco le piccole pagaie. Ci fanno quasi pena e la tentazione è di prestare loro aiuto, ma non ci muoviamo per paura che cio’ venga preso male. Poichè attualmente siamo clandestini ! Le miss alle volte traballano, sbalottate sulla prua delle scialuppe infuriate, ma mai si scompongono, mantenendo i loro sorrisi in mezzo al panico del fuggi fuggi generale.
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Ma tutto è bene quel che finisce bene e noi ci siamo ben divertiti un sacco !
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Cartagena delle Indie, Colombia
Dopo 5 giorni di navigazione, passiamo una settimana all’ancora davanti al le Club Nautico di Cartagena, tra i grattacieli in riva al mare ed il terminale dei container. Non siamo a New York, ma quando calano le prime ombre della sera, la baia s’illumina di mille luci. Siamo al nord dell’immensa laguna che abbiamo penetrato dalla “porticina” ovvero Boca Grande, chiusa da una diga sottomarina lunga più di un miglio, eredità di un passato guerriero molto attivo.
Una breve passeggiata in città ci dà subito il tono della settimana : VISITE e cio’ farà gioire i curiosi e brontolare i brontoloni.
Visita dell’antica città innanzitutto, classificata dall’UNESCO evidentemente; magnifica, non ne dubitavamo.
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Visita del Musero Navale incredibilmente ben organizzato e pieno di risposte alle domande che ci tintinnavano da qualche mese.
Quanto tempo è occorso per costruire il più grande castello spagnolo del Nuovo Mondo ? 1 anno.
Ma chi lavorava alla sua edificazione ? Gli schiavi ed i prigionieri, naturalmente.
E gli indiani allora, erano veramente cannibali ? A quanto pare si, ma unicamente per fini guerrieri e mistici…
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Visita del Castillo San Felipe , massiccio, tortuoso, suddiviso ed attraversato da tunnel a metà innondati, bordato da 4 linee di cannoni impressionanti, teatro di incredibili vittorie e disfatte.
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Visita del Cerro la Popa, un punto di vista panoramico sul campo di battaglia, all’epoca impenetrabile ed infestato dalle zanzare portrici della febbre, la mangrovia, trasformata oggi in bidonville, le isole, la città, i forti e le fortificazioni.
Per puro caso, il nostro soggiorno corrisponde alla festa dell’indipendenza. E cio’ si traduce in una settimana di carnevale. Tirate fuori le bombe, i barattoli di pittura ed i sacchi di farina, i costumi, le miss, i carri ed i tamburi. Si parte per una settimana di sfilata, musica e danze !
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Esitiamo un po’ a prolungare il nostro soggiorno al di là della settimana accordata dalle autorità. Infine proseguiamo la nostra rotta verso le isole San Blas, appena dopo aver ricostituito la cambusa per un milione e mezzo di pesos !
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Rouatan: l’isola dei contrasti.
Ancoriamo insieme ai nostri compagni di viaggio ai bordi della spiaggia West End e ci immergiamo con pinne e maschera nelle acque calme della barriera corallina. Ecco un bel ritorno nell’acqua salata con un primo bagno tutto colorato. A terra l’ambiente cambia rispetto a Utila: il villaggio e’ pulito e piacevole. Le strade non sono piene di junkies in groppa sui loro cavalli metallici indiavolati. I vicoli non sono bordati da bialere puzzolenti.
Solamente qualche bar accogliente bordeggia la grande passeggiata lungo la spiaggia. Ma questo eldorado per americani solfati manca di sapore.
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Proseguiamo la nostra rotta verso French Harbour, un porto di pesca dove l’armata dei pescherecci maschera difficilmente la miseria degli abitanti. La laguna e’ un deposito di rifiuti e la mangrovia ha, da molto tempo, depositato il bilancio sotto le montagne d’immondizia. Piegate in due nei loro canali, le lavandaie cercano di ridare vita a dei vestii affaticati. Le baracche in secondo piano, umide ed in rovina, rendono l’idea delle pessime condizioni d’igiene che regnano qui.
Ma in mezzo a questo quartiere povero, primeggia il miglior supermercato che abbiamo visto in America Centrale!
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A chi saranno mai destinati questi prodotti di lusso importati ed inaccessibili?
A quel hotel per miliardari impiantato a meno di 500 metri dalle favelas?
A quel ricco proprietario che ha atterrato in elicottero all’estremità della spiaggia privata della sua superba villa, costruita in riva alla laguna?
Probabilmente si, ma che importa, le donne dell’equipaggio ne approfittano per comprare l’introvabile : una padella, del cioccolato Lindt, del formaggio francese e del Parmigiano Reggiano!
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Utila : InUtile dirne di più !
Salutiamo definitivamente il Guatemala e ci lanciamo in tandem con Roxanna verso le acque dell’Onduras. Effettuiamo il nostro primo scalo all’isola Utila, sicuramente interessante per le immersioni e l’ambiente diving, ma per il resto siamo unanimi a dire che non merita soffermarsi più a lungo in questo villaggio piuttosto insalubre e poco rassicurante.
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Back to the ocean !
Alzati all’alba, navighiamo sulle acque calme del Rio Dolce trasportati dalla corrente verso l’oceano (normale, si tratta di un fiume, avete già visto un fiume risalire la corrente? Ah si, avete ragione, su One Pièce!). Ripassiamo davanti alle meraviglie che ci hanno affascinato al nostro arrivo, quando al largo l’uragano Ernesto era minaccioso. Volatili, pescatori, scolaretti ci salutano. I nostri bambini finiscono i loro esami durante questa navigazione tranquilla ed infine ci appare l’orizzonte.
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Con l’equipaggio di Roxanna, effettuiamo le formalità di uscita dal territorio guatemalteco prima di passare l’estuario profondo solamente due metri, più problematico per il monoscafo e la loro chiglia che per noi che peschiamo quattro piedi.
Ci preme infine ritrovare il mare e ci fermiamo a fare un tuffo a Tres Puntas.
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Hasta la vista Guatemala!
Finita l’acqua dolce, le partite di pallavolo nella piscina e le belle serate con gli amici. Finita Fronteras rumurosa e sporca, cosi’ affascinante.
Buongiorno l’acqua salata e l’immensità dell’oceano.
Hasta la vista Guatemala, vamos a Panama !
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FestIzabal : un bel final.
Finiamo in bellezza il nostro giro del lago con una visita al FestIzabal. I bambini organizzano un bel nascondino nel fortino con le ragazzine di Delphis e Roxanna. I grandi approfittanoo della musica e delle danze locali.
Ci ritroviamo tutti difronte all’impressionante partita di pelota maya. Colpi di gomito, colpi di ginocchio, scivolate e giravolte, i giocatori fanno prova di una grande abilità sul terreno fangoso. Aspettavamo tutti con impazienza la decapitazione del vincitore, come ci insegna la tradizione maya, ma le regole sono cambiate dai tempi della grandezza di Tenoctitlan.
Alla partita di pelota segue un gioco di hockey, i giocatori sono vestiti con abiti pesanti, sotto il sole cocente di questo primo pomeriggio tropicale. La palla è infiammata e finisce in mezzo al pubblico mezzo affollato e mezzo divertito.
Abbiamo scoperto a Chichen Itza l’immenso gioco della pelota cerimoniale intimamente legato alla cultura sacrificale azteco-maya. Questa partita grandezza natura conclude in bellezza la nostra visita del mondo maya, per noi è arrivata l’ora di partire dal Guatemala.
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Deny’s beach : la passaggera clandestina!
Questa mattina, abbiamo risalito una riviera immersa nella foresta. Formidabile poter remare tra i fiori, i coccodrilli invisibili, i cactus, le scimmie sospese agli alberi, raccogliere i frutti e improvvisare un pic-nic !
Pero’ questa volta la vegetazione è veramente densa e la progressione non è per niente facile. Eliott e Silvia sono ai remi, Boris con la macetta libera il passaggio alla prua, Kicco e Keliane criticano la navigazione. All’improvviso, ci troviamo di fronte ad un tronco imponente parzialmente crollato , semplicemente ritenuto da alcune liane che lo imprigionano. Appena sfiorato, il tronco di legno mangiato dalle termiti cade in polvere nel gommone, che si ritrova riempito di legna, bestioline e ragni : è difficile gestire la situazione d’emergenza . Ognuno toglie quello che puo’, ma non è facile fare pulizia quando ogni pezzetto di legna si trasforma in segatura appena lo si tocca.
La sera, papà prepara il dinghy per sbarcare a terra alla scoperta di una nuova spiaggia, un nuovo ristorante, un bel luogo : Deny’s Beach. A quattro zampe nella barchetta, si appresta a gonfiare i budini, mettere a posto, pulire, prima di sedersi. Con la mano sfiora un lato ben gonfiato cosi’ come un’enorme tarantola pelosa, anch’essa ben gonfiata, passaggera clandestina imbarcata questa mattina.
Spavento, foto e assassinio precedono un’interrogativo : è imbarcata da sola ?
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Las bocas d’El Rio Polochic
Proseguiamo il nostro giro del lago Izabal visitando uno dei suoi affluenti : il Rio Polochic.
Lasciamo i vascelli ancorati all’imboccatura e risaliamo in scialuppa il corso della riviera.
La vegetazione è densa e vi scopriamo qualche specie sconosciuta : il frutto di una liana, arancione e zuccherino, dei fiori a forma del mulino a vento, delle orchidee. Le scimmie urlatrici amplificano l’aria con le loro basse vibrazioni vocali. Di lontano, le osserviamo risalassarsi sulla cima degli alberi , con le zampe pendolanti da una parte all’altra del loro alto ramo.
E’ tardi, tagliamo il percorso da un’altra via del delta doveincrociamo degli sparvieri magestuosi.
Ci ritroviamo infine tutti a bordo per condividere, chi una pasta, chi del rhum guatemalteco : un’eccellente Zacapa.
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